Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


L'anagrafe delle prestazioni nelle pubbliche amministrazioni fra trasparenza e apparenza (di Alessandro Riccobono, Professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Palermo.)


Lo scritto esamina la disciplina dell’anagrafe delle prestazioni, ripercorrendone l’evolu­zio­ne nell’ottica dell’attuazione del principio di trasparenza amministrativa.

Sebbene l’istituto risponda ai principi dell’accessibilità totale, permangono numerose criticità in ordine agli adempimenti gravanti sulle pubbliche amministrazioni, che appaiono tuttora avviluppate in una fitta attività burocratica, fatta di comunicazioni incrociate e dichiarazioni.

Viene dunque auspicata la semplificazione dell’attuale quadro normativo, in una prospettiva rivolta a migliorare la funzionalità del sistema e la sua efficacia, anche in chiave di prevenzione dei fenomeni di maladministration.

The so-called “anagrafe delle prestazioni”: the italian public administration between transarency and appearance

The paper examines the regulation of the “Anagrafe delle prestazioni”, retracing its evolution in the light of the principle of administrative transparency.

Although the institute grants the total accessibility about assignments and consultancies, numerous critical issues remain: most of they concern the number of obligations burdening public administrations, which still appear to be entangled in dense bureaucratic activity, made up of cross-communications and declarations.

It would be appropriate for the regulatory framework to be simplified, in order to improve the functionality of the system and its effectiveness, also with a view to preventing maladministration phenomena.

SOMMARIO:

1. L’Anagrafe delle prestazioni: profili evolutivi - 2. Le Relazioni annuali al Parlamento: qualche numero e qualche considerazione - 3. La complessità delle regole e i rischi della «burocrazia della trasparenza» - NOTE


1. L’Anagrafe delle prestazioni: profili evolutivi

La disciplina dell’«Anagrafe delle prestazioni» offre innumerevoli spunti per declinare il principio della trasparenza amministrativa nei suoi molteplici significati, che si snodano tra l’incessante esigenza di controllo della spesa pubblica e l’idea­le moderno dell’accessibilità totale, quale metodo per consentire l’accountability e il controllo democratico dei cittadini sull’esercizio dei poteri pubblici. Le innovazioni che nel corso degli anni hanno riguardato questo istituto permettono di cogliere ciascuna di queste sfaccettature, che si sono arricchite di pregnanza grazie all’apporto del progresso tecnologico, rivelatosi il principale alleato della trasparenza e della sua tensione diffusiva [1]. Questo paradigma, oggi racchiuso nei dettami dell’Open government data, costituisce il punto di arrivo di uno strumento che in realtà è nato come banca dati di «prima generazione», come del resto suggerisce la sua stessa denominazione, ancora lontana dall’odierno linguaggio web oriented. L’Anagrafe delle prestazioni è stata istituita dall’art. 24, l. 30 dicembre 1991, n. 412, in una cornice normativa che vedeva l’impiego pubblico ancora attratto nel regime pubblicistico e che assoggettava la materia delle attività extra istituzionali del personale della p.a. a limitazioni ben più stringenti di quelle attualmente in vigore, in omaggio ad una lettura molto rigorosa del principio di esclusività fissato dall’art. 98 Cost. [2]. Con tale strumento si intendevano censire tutti gli incarichi pubblici e privati non compresi nei doveri d’ufficio dei pubblici dipendenti, inclusi i magistrati e il personale della Banca d’Italia, con l’obbiettivo di monitorare l’andamento della spesa pubblica e assicurarne il contenimento, in un’ottica tesa a garantire l’efficacia, l’imparzialità e la trasparenza dell’azione amministrativa [3] . Nel sistema così delineato, la dialettica trasparenza/conoscibilità era ancora confinata nei limiti del più generale diritto di accesso ai documenti amministrativi, trovando un contrappeso nell’esigenza di garantire la tutela dei dati personali dei dipendenti destinatari degli incarichi: in assenza di apposite norme autorizzatorie, le informazioni contenute [continua ..]


2. Le Relazioni annuali al Parlamento: qualche numero e qualche considerazione

L’accessibilità ai dati relativi ai singoli incarichi non ha fatto venir meno gli adempimenti relativi alla pubblicazione dei valori aggregati. Questi ultimi sono altrettanto consultabili mediante il portale «PERLA PA», ma costituiscono anche l’oggetto di un’apposita relazione annuale elaborata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e trasmessa al Parlamento entro il 31 dicembre di ogni anno (art. 53, c. 16, d.lgs. n. 165/2001). Proprio quest’ultimo adempimento riveste grande interesse per farsi un’idea dell’andamento del fenomeno degli incarichi e del loro complessivo impatto sulla spesa pubblica, in una prospettiva che dovrebbe mettere in evidenza le aree in cui si registrano i fabbisogni di competenze non rintracciabili nel perimetro organizzativo della p.a. e le strategie da intraprendere per colmarli in via strutturale. In realtà le Relazioni non sono solite fornire proposte per il contenimento della spesa e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi (sebbene ciò sia previsto dalla legge), così come non forniscono alcuna indicazione sull’out­come prodotto in esito all’espletamento dei compiti conferiti, la cui effettiva rispondenza all’interesse pubblico rimane priva di qualsiasi valutazione e/o riscontro oggettivo. In compenso, tali documenti consentono a chiunque di sapere come viene impegnato il denaro pubblico e in quale misura: al riguardo, il dato che impressiona è che nell’ultimo triennio la p.a. ha affidato incarichi esterni per la ragguardevole cifra di quasi un miliardo e trecento milioni di euro, mentre ha speso poco più di trecento milioni di euro per le attività extra istituzionali dei dipendenti pubblici, che ricevono più incarichi [18], ma con compensi mediamente più bassi di 5-10 volte rispetto a quelli corrisposti a soggetti esterni [19]. Certo, si tratta di cifre ancora ben lontane dalla vetta raggiunta nel 2014, allorquando l’ammontare dei compensi liquidati per incarichi e consulenze aveva abbondantemente superato in una sola annualità la soglia del miliardo e quattrocento milioni di euro [20]. Tuttavia, il dato è altamente indicativo, perché segna una netta inversione di tendenza rispetto al trend di progressiva contrazione della spesa registrato negli anni precedenti, in esito alle politiche di contenimento [continua ..]


3. La complessità delle regole e i rischi della «burocrazia della trasparenza»

Beninteso, bisogna nondimeno osservare che la consultazione dei dati «è l’unica attività semplice connessa all’anagrafe delle prestazioni» [24]. Ed infatti, il funzionamento del sistema di pubblicità è tuttora affidato ad una densa e complessa attività burocratica da parte delle singole amministrazioni, che sono tenute ad osservare una stringente tempistica per la trasmissione incrociata delle informazioni relative ai singoli incarichi conferiti o autorizzati: nello specifico, quelli relativi ai consulenti esterni devono essere comunicati al dipartimento della Funzione Pubblica entro tre mesi dal conferimento (cfr. art. 53, c. 14), mentre per quelli riguardanti i dipendenti pubblici il termine è di 15 giorni (cfr. art. 53 c. 12); allo stesso tempo, i soggetti pubblici o privati che abbiano conferito o autorizzato incarichi sono tenute a comunicare alle amministrazioni di appartenenza l’am­montare dei compensi erogati (art. 53, c. 11), di modo che queste ultime possano comunicare i relativi dati al Dipartimento della Funzione Pubblica (art. 53, c. 13). L’inosservanza di tali step è presidiata da un apparato sanzionatorio assai rigoroso: le amministrazioni inadempienti non possono conferire nuovi incarichi (art. 53, c. 15) [25], mentre la pubblicazione degli estremi degli atti di conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni costituisce condizione di efficacia dell’atto e per la liquidazione dei compensi (art. 15, c. 2, d.lgs. n. 33/2013). Inoltre, in caso di omessa pubblicazione, il dirigente che abbia disposto il pagamento del corrispettivo incorre in responsabilità disciplinare, oltre ad essere tenuto al pagamento di una sanzione pari alla somma liquidata, fatto salvo il risarcimento del danno derivante dal mancato esercizio dell’attività obbligatoria (art. 15, c. 3, d.lgs. n. 33/2013). Al netto dei tentativi di semplificazione operati negli ultimi anni [26], la disciplina di riferimento rimane dunque molto frastagliata, così come dimostra il vorticoso gioco di rimandi tra l’art. 53, c. 14, d.lgs. n. 165/2001 e gli artt. 15 e 18, d.lgs. n. 33/2013, la cui lettura tende a provocare capogiri anche al più meticoloso interprete [27]. Com’è stato efficacemente affermato, «affinché il livello generale di trasparenza pubblica possa [continua ..]


NOTE