Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Disabilità e accomodamenti ragionevoli: la garanzia della piena uguaglianza con gli altri lavoratori ricorre in tutte le fasi del rapporto (di Susanna Palladini, Professoressa associata di Diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Parma.)


La sentenza in commento affronta il tema della disabilità sopravvenuta, aprendo ad una rilevante distinzione riguardo agli aspetti del rapporto di lavoro dai quali possa derivare una discriminazione: non è infatti rintracciabile, a parere della Corte d’Appello, alcun elemento che pregiudichi la parità di trattamento tra lavoratori, quando eventuali condizioni richieste per lo svolgimento di determinati compiti, possano essere “neutralizzati”, quanto ad impatto differenziale, dall’ado­zione doverosa, da parte del datore di lavoro, di accomodamenti ragionevoli che parifichino le condizioni di svolgimento del ruolo assegnato.

Disability and reasonable accommodations: equality with other workers is guaranteed in all steps of relationship

The sentence in question takes up the issue of supervening disability, opening up to a significant distinction regarding the aspects of the employment relationship from which discrimination may derive: in fact, in the opinion of the Court of Appeal, no element can be traced that compromises the equality of treatment between workers, when any situations required for the performance of certain tasks can be "neutralised", in terms of differential impact, by the dutiful adoption, by the employer, of reasonable accommodations that equalize the conditions for carrying out the specific role.

Impiegato dello Stato – Procedura di mobilità volontaria – Bando – Elementi di discriminazione in base al fattore della disabilità – Obbligo di accomodamenti ragionevoli – Sussistenza. MASSIMA: Nella procedura di mobilità tra amministrazioni, la previsione, nel bando, del requisito della piena idoneità fisica non si qualifica come discriminatoria; risulta, al contrario, discriminatoria l’inosservanza dell’obbligo di verificare la possibilità di impiegare la lavoratrice disabile, utilmente collocatasi in graduatoria, attraverso l’adozione di accomodamenti ragionevoli, il cui eventuale onere sproporzionato deve essere provato dal datore di lavoro (nel caso di specie, la Corte riconosce il diritto della lavoratrice, cui era stata negata la nomina e il trasferimento, ad ottenere tale provvedimento a seguito dell’adozione, da parte dell’amministrazione, di un accomodamento ragionevole consistente nella rimodulazione dell’orario per esonerarla, in ragione della disabilità, dai turni notturni). PROVVEDIMENTO: XX, collaboratrice professionale sanitaria di categoria D secondo il c.c.n.l. del comparto Sanità, attualmente in servizio alle dipendenze della Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, aveva adito il giudice del lavoro presso il Tribunale di Gorizia lamentando la natura discriminatoria della procedura di mobilità volontaria regionale e interregionale indetta dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania con delibere n. 835 dd. 11.7.2019 e 891 dd. 19.7.2019 per la copertura di posti analoghi al proprio destinati al Bacino della Sicilia Orientale. In tal senso la ricorrente aveva esposto che il bando, nella sezione dedicata ai requisiti di ammissione, prevedeva il requisito della “piena idoneità fisica al posto da ricoprire e di assenza di limitazioni psico-fisiche alle funzioni ed al profilo di appartenenza”; che successivamente all’approvazione della graduatoria, in base alla quale era risultata collocata in posizione utile ai fini del trasferimento presso l’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa, era stata sottoposta a visita medica esitata, a causa dell’insorgenza di una patologia degenerativa, in un giudizio di idoneità con limitazioni implicanti esonero dallo svolgimento dei turni notturni; che per tale ragione l’Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa aveva deliberato di non poter dar seguito al trasferimento; che doveva ravvisarsi, in correlazione con il requisito della piena idoneità fisica, la natura discriminatoria del bando di mobilità e del provvedimento d’esclusione in base al fattore della disabilità. Ciò premesso, la ricorrente aveva chiesto la rettifica e la nuova pubblicazione del bando di mobilità o il suo annullamento parziale e la rettifica del provvedimento d’esclusione, con [continua..]
SOMMARIO:

1. Disabilità e accomodamenti ragionevoli nel quadro definitorio sovranazionale e interno - 2. L’accomodamento ragionevole nelle diverse fasi del rapporto - 3. Accomodamento ragionevole e datore di lavoro pubblico: quali vincoli dalla “non sproporzione” economica? - 4. Onere probatorio e tutele - NOTE


1. Disabilità e accomodamenti ragionevoli nel quadro definitorio sovranazionale e interno

Il tema della disabilità e degli accomodamenti ragionevoli ha acquisito nell’ulti­mo periodo una crescente centralità nel contenzioso interno, ma anche comunitario, in ragione dell’espansione dei termini definitori e, quindi, dell’ambito di applicazione della richiamata tutela, riferita ai soggetti portatori dell’interesse protetto. La sentenza in commento si segnala per due ordini di ragioni: da un lato, l’indi­vidua­zione di un non consueto frangente all’interno del quale invocare l’applicazione del­l’accomodamento ragionevole, ovvero l’attribuzione di un diverso posto di lavoro, in una nuova amministrazione, a seguito di bando per mobilità volontaria; dall’altro, le interessanti precisazioni quanto a onere della prova, ed in particolare al rigore che si richiede nella valutazione della possibile soluzione ragionevole a favore del lavoratore disabile. Il caso esaminato è quello di una lavoratrice che, in servizio presso l’Azienda Sanitaria Giuliano Isontina, partecipava ad una procedura di mobilità volontaria promossa dall’Azienda Sanitaria di Catania per la copertura di posti, analoghi al proprio, nel bacino della Sicilia orientale, risultando utilmente collocata nella graduatoria per l’ottenimento del trasferimento; tuttavia, nelle more della procedura, l’insorgere di una malattia degenerativa aveva determinato la negazione di detto trasferimento, essendo risultata, a seguito di apposita visita medica, non più idonea alla copertura della posizione lavorativa oggetto del bando, poiché impossibilitata, in ragione della riscontrata patologia, allo svolgimento dei turni notturni. Se, con l’ordinanza emessa ex art. 702 bis c.p.c. il giudice di primo grado, pur riconoscendo la natura di discriminazione indiretta alla parte del bando in cui si richiedeva la “piena idoneità fisica al posto da ricoprire e (l’)assenza di limitazioni psico-fisiche alle funzioni ed al profilo di appartenenza”, aveva conclusivamente respinto il ricorso, ricomprendendo la posizione di lavoro, ed i compiti ad essa riferiti, all’interno dei servizi di soccorso, per i quali è essenziale l’articolazione dell’orario in turni, anche notturni; ora invece la Corte d’Appello sovverte parzialmente tale decisione, senza riprendere però il tema del carattere [continua ..]


2. L’accomodamento ragionevole nelle diverse fasi del rapporto

Seguendo l’intenzione della direttiva 2000/78/CE, l’impegno del legislatore interno è quello di garantire la parità di condizione al lavoratore che rientri nella nozione (oggi) lata di disabilità in tutte le fasi del rapporto, quindi ampliando lo spettro di situazioni per le quali si richiede la preventiva verifica del possibile accomodamento ragionevole. Se è vero che due dei momenti chiave del rapporto di lavoro, quello assuntivo e quello risolutivo, appaiono già conformati a tale intenzione sia attraverso più precise previsioni normative che arresti interpretativi sufficientemente saldi [17], altri possono invece richiedere un surplus di attenzione, in relazione all’emergere di tensioni da riequilibrare, tra esigenze di garanzia del lavoratore e diritti di libertà organizzativa del datore. E questo vale sia nell’impiego privato, che presso le pubbliche amministrazioni. Tuttavia, proprio perché l’accomodamento ragionevole è posto dal legislatore quasi come “antidoto” – per quanto potenziale ed eventuale – al compiersi di modifiche negative e/o peggiorative in capo al lavoratore disabile, può riconoscersi all’obbligo in parola un ruolo pro-attivo che, come tale, esclude una sanzione unica e generale per il caso di mancata attivazione, o di non corretta individuazione; al contrario, gli effetti che derivano dall’inadeguata previsione dell’accomodamento ragionevole emergono a partire dal contenzioso relativo ad altri istituti [18] (come, nel caso della pronuncia in commento, il mancato riconoscimento al trasferimento ad altra amministrazione a seguito di bando di mobilità volontaria), condizionandone di conseguenza lo sforzo interpretativo, costretto di volta in volta ad essere calibrato sulle regole del singolo aspetto del rapporto coinvolto. Dunque, una medesima regolamentazione ben può reagire in modo differente al cospetto dell’obbligo di accomodamento ragionevole, soprattutto all’interno di un contesto di lavoro, quale quello pubblico, scarsamente incline a riassetti imprevisti, al di fuori della consueta programmazione sugli accessi. L’obbligo di adottare soluzioni ragionevoli che precedano l’inserimento lavorativo del disabile risulta tutelato legislativamente per coloro che siano tali sulla base di una valutazione medica ed accedano, per questo, [continua ..]


3. Accomodamento ragionevole e datore di lavoro pubblico: quali vincoli dalla “non sproporzione” economica?

L’effettività dell’accomodamento ragionevole all’interno delle strutture pubbliche rischia dunque di essere minata dalla rigidità dei parametri organizzativi, più difficilmente raccordabili con i limiti che la normativa indica nello stabilire il confine della pretesa alla presa in carico delle ragioni della disabilità del lavoratore, soprattutto in corso di rapporto, e anche considerando che «in materia di pubblico impiego, il riconoscimento e la tutela costituzionale attribuita (al diritto al lavoro dei disabili – n.d.r.) – diversamente dal settore privato per il quale il bilanciamento va valutato rispetto all’art. 41, c. 1, Cost. – devono essere ponderate con gli altri interessi pubblici – anch’essi di rilievo costituzionale – riguardanti l’eguaglianza e il buon andamento della p.a.» [24]. Individuare con esattezza la soglia oltre la quale il datore non è tenuto ad implementare gli adattamenti organizzativi, in quanto inadeguatamente gravosi, è, in ogni caso, operazione complessa, agganciata com’è, dalla stessa normativa antidiscriminatoria, a due parametri, distinti tra loro, per quanto correlati [25], ma rimessi a valutazioni che espongono, inevitabilmente, ad una certa dose di discrezionalità valutativa [26]: vi è innanzitutto la ragionevolezza, poiché ragionevole è l’aggettivo che qualifica l’accomodamento. In secondo luogo, viene indicata la non sproporzione dal punto di vista finanziario. La collocazione dei due termini all’interno dell’articolata formula legislativa, in cui la ragionevolezza accompagna, quale predicativo, la natura dell’accomo­damento, mentre la non sproporzione si aggiunge come limite alla sua esigibilità, sostiene una linea interpretativa volta ad accordare preferenza al primo, rispetto al secondo degli indicati elementi di valutazione [27]: la ragionevolezza dell’accomo­damento è dunque il primo aspetto da valutare, e non può considerarsi “servente” rispetto a quello della non sproporzione: quest’ultimo si rivela infatti un appiglio (anche, se non soprattutto, di natura economica) che può aiutare, e sostenere, il giudizio sulla ragionevolezza del caso concreto, ma che rimane quello primario. Se, infatti, un adattamento appare già prima [continua ..]


4. Onere probatorio e tutele

Diventa perciò prioritario valutare la possibile prefigurazione di una soluzione adattativa anche di fronte a situazioni non tradizionalmente coinvolte in questo tipo di previsione preliminare, come l’accesso o il licenziamento, ma proprio per questo richiamate all’attenzione, come nel caso che ci occupa, quali esempi della tensione all’espansione delle garanzie all’inclusione e, in qualche modo, al rispetto della disabilità in chiave paritaria, ormai innescata dalle richiamate previsioni normative. Il sindacato giurisdizionale interviene qui in un caso di mobilità volontaria che, in quanto tale, non può essere assimilata alla costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura concorsuale [42], ma che proprio per questo consente di misurare l’efficacia dell’accomodamento ragionevole quando il dipendente, già strutturato, si muove da una amministrazione ad un’altra e, in questo movimento, vede mutata la propria capacità al lavoro. L’obbligo di provvedere all’accomo­da­mento ragionevole può essere stato del tutto eluso, oppure non adeguatamente sviluppato. Com’è ovvio, trattandosi di misure calibrate sul caso singolo [43], l’obbligo non potrà che insorgere nel momento in cui il datore ne abbia avuto conoscenza, «il che potrà avvenire, nel caso in cui la disabilità non sia evidente e riconoscibile, solo su espressa dichiarazione da parte del lavoratore» [44], oppure nei casi di accertamenti sanitari consentiti dall’art. 5 St. lav. e dalla disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al d.lgs. n. 81/2008. L’accomo­damento ragionevole, in determinati casi, si configura come un posterius rispetto alla conoscenza della disabilità, relativa ad un soggetto destinatario di mansioni sulle quali si rende necessario verificare l’idoneità fisica; l’accomodamento ragionevole diviene allora lo strumento indicato direttamente dal legislatore per risolvere l’effetto di una potenziale discriminazione in ragione della disabilità, perché interviene, di fatto, a neutralizzarla. È certamente vero che la discriminazione opera in modo oggettivo, ed indipendentemente dall’intento soggettivo dell’autore [45], ma è altrettanto vero che [continua ..]


NOTE