Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Il conferimento di incarichi di posizione organizzativa tra discrezionalità e perdita di chance. (di Samuele Miedico, Dottore in Giurisprudenza.)


Il presente lavoro si propone di analizzare il tema relativo al conferimento degli incarichi di posizione organizzativa, alla luce del recente intervento del Tribunale di Arezzo. La decisione si sofferma su diversi aspetti, chiarendo la natura di tali incarichi, la ratio sottesa alla loro istituzione e le forme di tutela che possono essere richieste in via giurisdizionale. La sentenza, seppure resa con riferimento al settore della sanità, ha ribadito regole e principi applicabili al conferimento di incarichi di tale specie in relazione a qualsiasi settore, ivi compresi gli enti locali.

This work aims to analyse the issue of the assignment of organizational positions, in light of the recent intervention of the Court of Arezzo. The ruling highlights several issues, clarifying the nature of those assignments, the ratio of their imposition and the forms of judicial protection. The statement relates on the health sector, but it confirms rules and principles that can be applied to the assignment of organizational positions related to every sector, including therein local bodeis.

TRIBUNALE DI AREZZO, SEZIONE LAVORO, 12 FEBBRAIO 2020, N. 65 Le posizioni organizzative si configurano come specifici incarichi, di carattere fiduciario, attribuiti sulla base di una valutazione necessariamente discrezionale. Il lavoratore che intenda contestare la legittimità della procedura di conferimento può esercitare l’azione di esatto adempimento, volta ad ottenere la ripetizione della procedura, ovvero chiedere il risarcimento del danno da perdita di chance, offrendone la relativa prova, mentre in nessun caso il giudice può sostituirsi all’amministrazione nel compimento della scelta. (Omissis) Con ricorso depositato in data 1.3.2019, M.M. espone che è infermiera professionista dal 27.2.1987; che attualmente, dal 19.2.1990, è dipendente dell’Azienda Sanitaria Usl Toscana Sud – Est (inizialmente USL 23 Arezzo); che vanta una anzianità di ben 31 anni in Area Chirurgica e di ben 12 anni quale Infermiere Coordinatore o Coordinatore Vicario; che con Deliberazione del Direttore Generale n. (omissis) l’Azienda resistente pubblicava l’Avviso interno per il conferimento delle Posizioni Organizzative; che proponeva domanda per il conferimento degli incarichi di P.P denominati “UOP Infermieristica Clinica in ambito Cardio – Vascolare” e in “Operation Manager Area Chirurgica Arezzo”; che con Deliberazione del Direttore Generale n. (omissis) – all’esito della selezione detti incarichi venivano conferiti rispettivamente a G.F. e a S.R.; che del tutto illegittimamente sarebbe stata esclusa da entrambi gli incarichi. Sulla scia di tali apporti conclude come da proprio atto introduttivo. Si costituisce ritualmente l’Azienda resistente chiedendo la reiezione della pretesa ex adverso formulata, in quanto asseritamente infondata in fatto e in diritto. Non si costituiscono invece i litisconsorti G.F. e S.R., ancorché ritualmente citati, pertanto ne viene dichiarata la contumacia. Istruita in via esclusivamente documentale, la causa viene discussa – e contestualmente decisa – all’udienza odierna, previo scambio fra le parti di sintetiche note conclusionali. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. Ritiene il giudicante di non procedere all’esame delle questioni preliminari e di fare applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – in virtù del quale deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale (Cassazione Sezioni Unite, n. 9936 dell’8 maggio 2014). Il principio della “ragione più liquida”, imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza [continua..]
SOMMARIO:

1. I fatti di causa - 2. La natura ed il contenuto degli incarichi di posizione organizzativa nel Comparto Sanità - 3. Posizioni organizzative ed incarichi dirigenziali - 4. La procedura per il conferimento degli incarichi di posizione organizzativa - 5. Sulla tutela giurisdizionale - 6. La pronuncia del giudice aretino - NOTE


1. I fatti di causa

Con la sentenza n. 65/2020 il Tribunale di Arezzo si è pronunciato con riferimento alle regole applicabili in tema di conferimento, nell’ambito di un’Azienda Sanitaria, di un incarico di posizione organizzativa, nonché sulla tipologia di tutela che può essere somministrata, in ipotesi di contestazione, da parte del giudice. La vicenda prende le mosse dal ricorso proposto da una dipendente dell’Azienda Sanitaria che aveva presentato la propria domanda di partecipazione alla procedura indetta per il conferimento di due incarichi di posizione organizzativa. In particolare, la ricorrente lamentava la totale arbitrarietà ed illogicità della scelta operata dall’Azienda, la quale avrebbe conferito gli incarichi in esame a soggetti in possesso di curricula e di esperienze professionali di gran lunga inferiori rispetto a quelle possedute dalla ricorrente medesima e avrebbe fornito una giustificazione del tutto irrazionale, ove sono stati perfino evidenziati elementi non dedotti nel curriculum prodotto dal soggetto a cui è stato assegnato l’incarico. Sulla scorta di ciò, ritenendo che l’Azienda convenuta non avesse operato una valutazione corretta ed oggettiva dei curricula degli aspiranti e di aver pieno titolo a vedersi conferita la posizione organizzativa per cui ha preso parte alla procedura, la ricorrente ha chiesto al giudice di annullare l’atto di attribuzione delle posizioni organizzative e di condannare l’amministrazione convenuta al risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali. Due sono, quindi, le questioni di particolare rilievo affrontate dal giudice aretino. Anzitutto, le regole applicabili in tema di conferimento di incarichi di posizione organizzativa e, in particolare, l’ampiezza della discrezionalità riservata al datore di lavoro nel compimento delle necessarie valutazioni. In secondo luogo, il tipo di tutela che può essere offerta in via giurisdizionale, ovvero se è possibile chiedere al giudice di procedere esso stesso, tramite sentenza costitutiva, all’attribuzione dell’incarico o se, viceversa, è possibile ottenere soltanto la condanna dell’amministrazione alla rinnovazione della procedura, oltre, chiaramente, al risarcimento del danno.


2. La natura ed il contenuto degli incarichi di posizione organizzativa nel Comparto Sanità

La disciplina relativa agli incarichi di posizione organizzativa, con riferimento al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni, è espressamente demandata dalla legge alla contrattazione collettiva [1]. Con particolare riferimento al Comparto Sanità, le regole in tema di conferimento, durata e revoca degli incarichi di posizione organizzativa sono contenute agli artt. 20 e 21 del CCNL del 7 aprile 1999 [2]. Si tratta di due sole disposizioni che, nella loro semplicità, dettano una regolamentazione ben precisa. In particolare, l’art. 20 del CCNL del 7 aprile 1999 afferma a chiare lettere che le posizioni organizzative istituite nell’ambito delle Aziende o degli Enti devono richiedere “lo svolgimento di funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilità” [3]. La medesima disposizione si preoccupa, poi, di indicare, a titolo meramente esemplificativo, i settori ovvero le attività che possono essere interessati dalla istituzione di posizioni organizzative [4]. L’art. 21 del citato CCNL, dedicato alle modalità di affidamento degli incarichi di posizione organizzativa, richiede che le Aziende e gli Enti formulino in via preventiva i criteri generali, tenendo conto, rispetto alle funzioni ed attività prevalenti da svolgere, “della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, dei requisiti culturali posseduti, delle attitudini e della capacità professionale ed esperienza acquisite dal personale, prendendo in considerazione tutti i dipendenti collocati nella categoria D”. Nel sistema delineato dal CCNL del Comparto Sanità del 7 aprile 1999 – e ripreso dal successivo CCNL del 21 maggio 2018 –, dunque, emerge che la valorizzazione delle professionalità [5], unitamente alle esigenze di flessibilità proprie di ciascuna Azienda, sono all’origine dell’istituzione delle posizioni organizzative [6]. Le posizioni organizzative costituiscono, infatti, uno strumento che concorre a realizzare un modello organizzativo flessibile, alla cui base si pone – o, perlomeno, si dovrebbe porre – il principio meritocratico [7], volto a premiare i dipendenti del­l’area apicale del comparto [8] in ragione della loro particolare competenza e preparazione professionale. Sul punto, è stato osservato che le posizioni organizzative [continua ..]


3. Posizioni organizzative ed incarichi dirigenziali

Prima di procedere oltre con l’analisi delle attività che il datore di lavoro deve compiere per conferire in concreto gli incarichi in oggetto, è necessario, al fine di non ingenerare equivoci, metterne brevemente in evidenza, senza alcuna pretesa di completezza, analogie e differenze rispetto agli incarichi dirigenziali. D’altronde, la ratio delle posizioni organizzative è stata individuata nella sperimentazione di nuovi e flessibili modelli organizzativi e di governo e gestione delle risorse umane, ma anche in un’adeguata rivalutazione e riqualificazione delle funzioni direttive [20]. Orbene, nonostante la disciplina del conferimento, della revoca e del trattamento economico di entrambi gli istituti sia, per molti aspetti, simile, risulta essere particolarmente diversa – ai fini che qui interessano – la qualificazione giuridica delle due fattispecie [21]. La costituzione del rapporto di lavoro dirigenziale, infatti, si presenta come una fattispecie complessa, poiché con la stipula del contratto, all’indomani del superamento del concorso pubblico, si instaura il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, ma la prestazione concreta, oggetto del contratto dirigenziale, può essere determinata soltanto con il c.d. atto di conferimento [22]. Con riguardo al dirigente, dunque, l’atto di conferimento dell’incarico è un provvedimento determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro [23], e la condizione necessaria per il conferimento delle funzioni dirigenziali è la presenza di un previo rapporto di subordinazione e dipendenza dall’ente [24]. Si verifica una sorta di scissione tra contratto di assunzione a tempo indeterminato, con cui è attribuita la qualifica dirigenziale al soggetto interessato, ed incarico a termine, attribuito tramite l’atto di conferimento cui accede un ulteriore contratto, con cui viene definita l’attività che il dirigente è chiamato a svolgere, per il tempo ivi indicato, e sono fissati gli obiettivi che lo stesso dovrà perseguire [25]. Il conferimento di un incarico di posizione organizzativa al personale non dirigente, viceversa, rappresenta un accadimento del tutto eventuale ed accessorio, che si affianca alla prestazione lavorativa che deve essere resa dal dipendente. Detto altrimenti, la legge prevede la necessità che [continua ..]


4. La procedura per il conferimento degli incarichi di posizione organizzativa

È già stato specificato che il conferimento di un incarico di posizione organizzativa non comporta il mutamento del profilo professionale di appartenenza, ma solamente la modifica delle funzioni esercitate per un periodo necessariamente predeterminato di tempo [27]. Ciò che viene attribuita, detto altrimenti, è solamente una funzione di alta responsabilità ed autonomia, avente una durata temporanea, sebbene eventualmente rinnovabile, all’interno della categoria nella quale l’interessato resta, comunque, inquadrato [28]. Correlativamente, la procedura attraverso cui viene scelto il dipendente al quale attribuire l’incarico non può essere qualificata come un vero e proprio concorso interno, poiché non è prevista alcuna progressione verticale [29]. Allo stesso tempo, è chiaro che il datore di lavoro non può attribuire l’incarico ad libitum, poiché è anzitutto tenuto a verificare i requisiti di idoneità dai candidati, avuto riguardo della professionalità e delle capacità manageriali richieste in relazione al precipuo incarico da conferire. Le valutazioni e le ragioni per cui il candidato prescelto è il più adatto a soddisfare le esigenze organizzative dell’ente dovranno essere espresse, all’atto del conferimento, mediante un’apposita motivazione. Lo stesso CCNL del 7 aprile 1999 prescrive, all’art. 21, c. 3, che gli incarichi siano “conferiti con provvedimento scritto e motivato” [30]. Sebbene non sia richiesto lo svolgimento di una formale e rigorosa procedura concorsuale o selettiva, le ragioni sui cui si fonda la scelta compiuta dovranno essere, pertanto, ben apprezzabili e verificabili attraverso la motivazione. In altre parole, l’atto scritto dovrà indicare i motivi per cui il candidato scelto è idoneo, tenuto conto “della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, dei requisiti culturali posseduti, delle attitudini e della capacità professionale ed esperienza acquisite dal personale” [31], per svolgere proficuamente l’incarico per il quale si procede. La motivazione, peraltro, non dovrà essere meramente apparante o “di facciata”, ma dovrà indicare le ragioni per cui il bagaglio professionale e culturale del dipendente scelto è preferibile, stante il [continua ..]


5. Sulla tutela giurisdizionale

Nel caso in cui un lavoratore sia insoddisfatto dalla scelta compiuta da parte del datore di lavoro in relazione al conferimento di un incarico di posizione organizzativa, è ammessa la possibilità di presentare un ricorso al Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro [39]. La violazione del diritto soggettivo del lavoratore all’adempimento da parte dell’Azienda sanitaria dell’obbligo di procedere al corretto svolgimento dell’attività selettiva e della legittima aspettativa a vedere correttamente valutata la propria capacità ed esperienza professionale [40] può, infatti, motivare l’esercizio dell’azione di esatto adempimento ovvero la pretesa risarcitoria per perdita di chance, oltre che per eventuali danni all’immagine professionale [41]. È, viceversa, preclusa al giudice l’adozione dei provvedimenti necessari per l’attribuzione diretta al ricorrente dell’incarico di posizione organizzativa [42]. D’altronde, neppure la predeterminazione di criteri valutativi può trasformare in attività vincolata il giudizio discrezionale che deve essere reso dal datore di lavoro pubblico [43]. Per costante giurisprudenza, infatti, “il dipendente pubblico contrattualizzato che aspira al conferimento di una posizione organizzativa è titolare di un interesse legittimo di diritto privato”, mentre “la situazione facente capo al datore di lavoro è quella di un potere discrezionale privato”: di conseguenza, il giudice “non può emettere sentenza di condanna che accerti il diritto del ricorrente ma al più, una volta accertato che il poter discrezionale esercitato dall’Amministrazione ha travalicato i limiti previsti dalla legge, potrà dichiarare illegittimo il provvedimento”, imponendo alla pubblica amministrazione interessata il compimento di una nuova valutazione, nel rispetto delle norme precedentemente violate [44]. Il potere di valutazione del giudice ordinario circa la correttezza e la legittimità della scelta compiuta dal soggetto pubblico, detto in altri termini, non può estrinsecarsi nell’adozione di provvedimenti di esclusiva competenza del datore di lavoro: “l’eventuale accertamento della illegittimità di una condotta o di una procedura può a buon diritto comportare l’annullamento di [continua ..]


6. La pronuncia del giudice aretino

Giunti a questo punto della trattazione, è possibile analizzare la decisione adottata dal Tribunale di Arezzo con la richiamata sentenza n. 65/2020. Il giudice aretino si è soffermato, in primo luogo, sulla natura degli incarichi di posizione organizzativa, confermando l’orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente, secondo cui trattasi di “specifici incarichi, di carattere fiduciario, attribuiti sulla base di una valutazione necessariamente discrezionale, di durata limitata, per lo svolgimento di compiti di responsabilità, più o meno elevata a seconda del tipo di incarico, sia pure nell’ambito delle funzioni di appartenenza, al quale è connessa una specifica indennità economica”. La sentenza precisa, poi, che “la scelta di carattere fiduciario si identifica con la ricerca non del migliore in assoluto, ma del migliore anche in relazione alle attitudini necessarie per gestire, organizzare e dirigere il lavoro che afferisce all’in­carico da ricoprire”. Per quanto riguarda la tutela giurisdizionale, trova conferma l’assunto per cui, in caso di conferimento di incarico effettuato con scelta di carattere fiduciario tra una rosa di soggetti astrattamente idonei, il candidato pretermesso può dolersi solo dell’eventuale carattere discriminatorio della scelta, o, più in generale, della violazione dei canoni di correttezza e buona fede. Alla luce di ciò, il giudice aretino ha riconosciuto la impossibilità di una sua sostituzione alla pubblica amministrazione nella scelta [49], potendo procedere soltanto alla verifica dell’eventuale violazione dei principi di correttezza e buona fede ai fini del risarcimento del danno per perdita di chance ovvero alla condanna alla ripetizione della procedura di valutazione. Dunque, due sono le possibili tutele che possono essere richieste in via giurisdizionale: il ricorrente può, da un lato, esercitare l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione della valutazione, ovvero, dall’altro, agire per ottenere il risarcimento del danno a titolo di perdita di chance. Ciò detto, il Tribunale ha poi spostato la propria attenzione sul caso di specie, facendo applicazione delle regole e dei principi appena succintamente ricordati. Così, il giudice ha anzitutto riconosciuto che la ricorrente non ha proposto l’azione di esatto [continua ..]


NOTE