Il lavoro nelle Pubbliche AmministrazioniISSN 2499-2089
G. Giappichelli Editore

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Dirigenza sanitaria: l'atto aziendale (di Irene Zoppoli)


Corte d'Appello di Catanzaro, 14 novembre 2017

Est. E. Sirianni

Impiegato dello Stato e pubblico in genere – Sanità – Individuazione dotazione organica e ruoli dirigenziali, pubbliche amministrazioni, settore sanitario – Competenza esclusiva atto aziendale – Previsioni contenute in atti differenti e individuazione ruoli dirigenziali – Illegittimità – Sussistenza.

La consistenza originaria delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici non economici, al pari di ogni atto che ne determini una variazione, è rimessa all'organo di vertice dell'ente stesso, all'organo, cioè, dotato dei poteri di governo dell'ente e normalmente anche di rappresentanza esterna; la disciplina normativa prevede, infatti, che l'organizzazione e il funzionamento delle Aziende Sanitarie Locali sia disciplinato con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e dei criteri previsti dalle disposizioni regionali. L'atto aziendale – di competenza esclusiva dell'organo di vertice delle Aziende Sanitarie ovvero del Direttore Generale, cui solo compete, ai sensi del­l'art. 15 ter del D.Lgs. 502/92, l'attribuzione degli incarichi dirigenziali – è quindi l'unico atto per il tramite del quale ciascuna Azienda Sanitaria può determinare la propria dotazione organica, ruoli dirigenziali inclusi.   1. La dirigenza sanitaria e lo strumentario privatistico La sentenza in commento si occupa della procedura genetica degli incarichi dirigenziali nel settore sanitario. Gli appellanti, dipendenti con la qualifica di “collaboratore amministrativo professionale esperto”, rivendicavano il diritto alle differenze retributive per l’asserito svolgimento di mansioni dirigenziali, affidate loro tramite un regolamento interno del Dipartimento Amministrativo della ASL di appartenenza. La Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato i ricorsi proposti e, richiamando l’art. 6, comma 4, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, ha affermato, innanzitutto, che “il principio generale di diritto da cui occorre muovere è che la consistenza originaria delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici non economici, al pari di ogni atto che ne determini una variazione, è rimessa all’organo di vertice dell’ente stesso, all’organo, cioè, dotato dei poteri di governo dell’ente e normalmente anche di rappresentanza esterna”. Questo punto di partenza induce a contestualizzare la disciplina della dirigenza sanitaria all’interno del paradigma di New Public Management [1], che ha interessato le pubbliche amministrazioni. Il programma generale politico e legislativo, partito dagli anni ’90, ha avviato un processo di scardinamento della coincidenza della soggettività pubblica con lo svolgimento di attività di interesse pubblico [2], legittimando l’uso di strumenti privatistici per garantire maggiore flessibilità e un miglioramento dei livelli di efficienza ed efficacia dei servizi. Ciò, tuttavia, ha sicuramente provocato incertezze in ordine alla qualificazione, come pubblici o privati, dei soggetti e delle forme giuridiche con le rispettive ricadute quanto all’individuazione della disciplina da applicare. La stagione di [continua..]
SOMMARIO:

1. La dirigenza sanitaria e lo strumentario privatistico - 2. Natura e finalità dell'atto aziendale “di diritto privato” - 3. Alla ricerca di un equilibrio tra esigenze aziendali e finalità pubbliche, tra amministrazione e politica - Note


1. La dirigenza sanitaria e lo strumentario privatistico

La sentenza in commento si occupa della procedura genetica degli incarichi dirigenziali nel settore sanitario. Gli appellanti, dipendenti con la qualifica di “collaboratore amministrativo professionale esperto”, rivendicavano il diritto alle differenze retributive per l'asserito svolgimento di mansioni dirigenziali, affidate loro tramite un regolamento interno del Dipartimento Amministrativo della ASL di appartenenza. La Corte d'Appello di Catanzaro ha rigettato i ricorsi proposti e, richiamando l'art. 6, comma 4, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, ha affermato, innanzitutto, che “il principio generale di diritto da cui occorre muovere è che la consistenza originaria delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici non economici, al pari di ogni atto che ne determini una variazione, è rimessa all'organo di vertice dell'ente stesso, all'organo, cioè, dotato dei poteri di governo dell'ente e normalmente anche di rappresentanza esterna”. Questo punto di partenza induce a contestualizzare la disciplina della dirigenza sanitaria all'interno del paradigma di New Public Management[1], che ha interessato le pubbliche amministrazioni. Il programma generale politico e legislativo, partito dagli anni '90, ha avviato un processo di scardinamento della coincidenza della soggettività pubblica con lo svolgimento di attività di interesse pubblico[2], legittimando l'uso di strumenti privatistici per garantire maggiore flessibilità e un miglioramento dei livelli di efficienza ed efficacia dei servizi. Ciò, tuttavia, ha sicuramente provocato incertezze in ordine alla qualificazione, come pubblici o privati, dei soggetti e delle forme giuridiche con le rispettive ricadute quanto all'individuazione della disciplina da applicare. La stagione di cambiamento si è ispirata anche al principio di separazione tra politica e amministrazione, uno degli obiettivi della riforma della dirigenza pubblica; si tratta del passaggio da un modello burocratico-accentratore, basato sul rapporto di gerarchia tra ministri e dirigenti, ad un modello decentrato, fondato su un rapporto di direzione[3]. Evocativa è l'immagine del taglio della testa politica del serpente a due teste[4] per descrivere la volontà legislativa di accentuare i profili tecnici del processo di aziendalizzazione delle pubbliche amministrazioni, concretizzatosi principalmente nell'affidamento agli organi di [continua ..]


2. Natura e finalità dell'atto aziendale “di diritto privato”

L'esclusività della procedura genetica degli incarichi dirigenziali trova la sua ratio nell'individuazione dell'atto di autonomia privata adottato dal direttore generale come unico strumento idoneo a garantire la flessibilità gestionale nel settore sanitario, essenziale per il miglior perseguimento degli obiettivi aziendali e per un funzionamento della struttura sanitaria aderente alle esigenze della collettività di riferimento[13]. Tuttavia sono state avanzate perplessità in ordine sia alla caratteristica di “flessibilità” di questo atto sia all'asserita separazione tra politica e amministrazione, che la centralità del ruolo del direttore generale dovrebbe assicurare. Soffermandosi per il momento sul primo profilo, al riguardo è stato osservato che, nei fatti, l'atto aziendale si limita a “riprodurre la disciplina legislativa e regolamentare vigente e ad introdurre un sistema organizzativo in qualche misura rigido, che si stabilizza col tempo, e che rinuncia del tutto a quella flessibilità che viceversa sarebbe richiesta per un effettivo adeguamento del sistema organizzativo alle esigenze che mutano”[14]. L'effettiva sussistenza di autonomia imprenditoriale delle ASL, di cui l'atto aziendale dovrebbe essere espressione, è, infatti, questione controversa. Per alcuni, si tratta di un'autonomia di natura solo strumentale, dal momento che il quadro degli obiettivi è interamente determinato dall'esterno[15]. I vincoli diretti all'autonomia organizzativa sono molteplici e possono essere rinvenuti nella legislazione nazionale sull'organizzazione aziendale, nella contrattazione collettiva nazionale di comparto, nella legislazione regionale, nelle disposizioni regionali recanti principi e criteri per l'atto aziendale[16]. L'atto aziendale non sarebbe, quindi, libero nel fine, operando il direttore generale nel quadro di scelte di alta organizzazione, tese ad orientare la sua azione e a “blindarla”, ossia a legittimarla politicamente[17]. L'eteronomia che sta alla base delle attività delle ASL potrebbe essere letta come una conseguenza della loro natura di enti strumentali della Regione[18], così inducendo a riflettere sull'effettiva attuazione del modello di aziendalizzazione per le stesse. Secondo un'altra ricostruzione, l'autonomia imprenditoriale rilevante in questa sede è intesa non “come inerente al prodotto, evidentemente [continua ..]


3. Alla ricerca di un equilibrio tra esigenze aziendali e finalità pubbliche, tra amministrazione e politica

Per approfondire i profili di specialità evidenziati, è necessario analizzare come si declina il rapporto politica-amministrazione nelle ASL. Occorre premettere che l'amministrazione sanitaria si caratterizza per un'attività erogativa consistente nel campo sensibile del diritto alla salute; ciò comporta una subordinazione dell'amministrazione alla politica – ossia alle Regioni – nei fatti: l'attenzione per i profili finanziari legata all'emergenza dei conti rende ancor più difficile un vero governo delle aziende[25]. Probabilmente è anche in questo rilievo che si annida la decisione della Corte d'Appello di Catanzaro, tesa a censurare una moltiplicazione geometrica degli incarichi dirigenziali sganciata dal modello organizzativo complessivo dell'azienda. L'intera disciplina di regolazione del lavoro pubblico, infatti, risente di una tensione (o contraddizione, per alcuni[26]): la contrapposizione tra la necessità di assumere criteri e metodi per una gestione dinamica e funzionale del personale e la diversa esigenza di controllare i flussi di spesa. Fino ad ora[27] il punto di bilanciamento è stato trovato assegnando un ruolo centrale alle dotazioni organiche, di competenza dell'organo di vertice, e, per il settore sanitario, all'atto aziendale di diritto di privato del direttore generale. Alla luce dei precedenti rilievi in ordine al regime privatistico dell'atto aziendale, si potrebbe affermare che le molteplici esigenze, che lo stesso è tenuto a contemperare ne rivelano la natura di strumento ibrido, in cui si avverte una forte riduzione dell'area manageriale[28]. Al fine di verificare la fondatezza di questa tesi, è utile interrogarsi sul ruolo del direttore generale e, conseguentemente, sul tipo di attività di sua competenza: attività amministrativa di diritto privato o attività di diritto privato in senso stretto, alla stregua di un'attività imprenditoriale. Nella prima ricostruzione il potere di autonomia privata della pubblica amministrazione si declinerebbe come una rinuncia alla funzione, forma del procedimento[29], ma non all'a­gire funzionale, inteso come necessaria conformità del negozio all'interesse pubblico normativamente predeterminato[30]; nella seconda alternativa, si tratterebbe di un'attività assolutamente libera nel fine, in cui è la logica manageriale a prevalere. Per rispondere all'interrogativo [continua ..]


Note