Richiamata la disciplina vigente in materia di reclutamento dei docenti per la scuola secondaria, si esaminano le criticità rilevate in sede giudiziaria a seguito della mancata previsione del titolo di dottore di ricerca quale percorso di per sé abilitante per l’insegnamento. L’analisi prende avvio dalla sentenza n. 130/2019 con cui la Corte costituzionale ha respinto l’eccezione di legittimità dell’art. 17, c. 2, lett. b), e 3, d.lgs. n. 59/2017 in riferimento all’art. 3 Cost.
The A., having analyzed the current regulations on the recruitment of teachers for secondary school, addresses the critical issues detected in court for the non-provision of the title of PhD as qualifying for teaching. The analysis starts from the judgment of the constitutional court n. 130/2019 with which the Court rejected the objection of legitimacy of art. 17, c. 2, lett. b), and 3, Legislative Decree no. 59/2017 in reference to art. 3 Const.
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1. Premessa - 2. Il reclutamento docenti tra disciplina ordinaria e transitoria - 3. La disciplina transitoria, il difficile rapporto fra dottori di ricerca e concorsi 'riservati' - 4. In conclusione, l'equipollenza fra titolo di dottore di ricerca e abilitazione all'insegnamento - NOTE
La sesta sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 3 settembre 2018, sollevò questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17, c. 2 lett. b) e 3 d.lgs. n. 59/2017 (disciplinanti in via transitoria il sistema di reclutamento dei docenti per le scuole secondarie) in riferimento agli artt. 3, 51, c. 1, e 97 c. 3 Cost. In via principale, la Consulta veniva chiamata a pronunciarsi sulle norme che, nel prevedere un concorso per l’accesso al ruolo della scuola secondaria, riservavano lo stesso alle sole categorie di insegnanti in possesso del titolo abilitante per la scuola secondaria o di specializzazione, dei docenti tecnico-pratici iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, nella seconda fascia di quelle di istituto, nonché di coloro i quali avessero conseguito il titolo di specializzazione entro il 30 giugno 2018. In via subordinata, si ravvisava un possibile contrasto fra le norme sopracitate e il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. nella parte in cui escludevano (di fatto) dal concorso i dottori di ricerca, non considerando tale titolo come abilitante o equipollente all’abilitazione per l’insegnamento nella scuola di secondo grado. La Consulta, con articolata motivazione, dichiarava inammissibili e, rispettivamente, infondate le questioni di legittimità proposte, scrivendo la parola fine su quell’ampio contenzioso che negli ultimi anni aveva visto spesso il giudice amministrativo ammettere con riserva dottori di ricerca, non abilitati, come candidati ai concorsi per l’accesso al ruolo scolastico.
Il contenzioso seriale che ha investito negli ultimi anni l’autorità giurisdizionale amministrativa, talvolta risoltosi con l’accoglimento delle domande degli interessati e l’ammissione con riserva alle prove per la docenza nelle scuole secondarie [1], talaltra con giudizio opposto [2], ha trovato ragion d’essere già nelle procedure bandite ai sensi della c.d. legge sulla buona scuola, nonché da ultimo, in ordine di tempo, con l’intervento di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione. Con la l. 13 luglio 2015, n. 107 e, a seguire, il d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59 si è introdotto, per la scuola, in genere, e per gli istituti secondari, nella specie, un sistema unitario e coordinato di formazione iniziale e accesso ai ruoli, sia sui cd. posti comuni che di sostegno. Si prevede, in particolare, l’accesso alla professione docente a seguito del superamento di un concorso nazionale per titoli ed esami, da bandirsi tendenzialmente ogni due anni, a cui va ad accedere un percorso annuale di formazione iniziale e prova, sì da assicurare l’acquisizione e l’aggiornamento delle conoscenze e competenze disciplinari e professionali, necessarie per l’espletamento della loro funzione. Il legislatore opera un superamento delle scuole di specializzazione – dapprima articolate in vari indirizzi e preordinate al rilascio dei diplomi di abilitazione e note come SSiS [3], in seguito nella forma dei tirocini formativi attivi (TFA), ovvero percorsi ordinari di formazione per il conseguimento dell’abilitazione [4], nonché Percorsi speciali abilitanti (PAS) a partire dal 2013 – per giungere alla definitiva attuazione del principio citato nel d.m. n. 460/1998 (art. 1) che lega strettamente la partecipazione alle selezioni al possesso del titolo abilitativo all’insegnamento. Termina così anche la fase transitoria, che ancora ammetteva alle procedure selettive gli aspiranti docenti privi di abilitazione, ma in possesso della laurea o, finanche, di titoli ulteriori non contemplati dalla normativa nazionale, quali i dottorati di ricerca. A ben vedere, infatti, il più alto titolo acquisibile nel sistema formativo non è mai stato preso in considerazione dal legislatore ai fini dell’immissione in ruolo nella docenza per gli istituti scolastici di primo e secondo grado. Il sistema di reclutamento rivisitato [continua ..]
Per quanto concerne la questione sollevata in via principale, ovvero la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono il concorso riservato nella sua globalità, la sesta sezione del Consiglio di Stato in diverse occasioni aveva respinto un’interpretazione delle norme di accesso alle selezioni dalla quale potesse derivare l’ammissione solo dei «soggetti in possesso di uno degli specifici titoli abilitanti». Secondo l’a.g.a. si sarebbe venuto a configurare la selezione «di fatto come concorso riservato, aperto solo a determinati candidati, selezionati oltretutto in base a circostanze casuali (e territoriali) ovvero soltanto a coloro che avessero già prestato servizio nell’amministrazione» e intrapreso un PAS, un diploma SSiS o TFA, peraltro non disponibili alla generalità dei laureati [8]. Le procedure concorsuali, quali strumenti considerati idonei ad assicurare il rispetto dei principi di efficienza e imparzialità delle pubbliche amministrazioni, dovrebbero secondo il consolidato orientamento del Collegio rispettare tre requisiti di massima, ovvero l’apertura al maggior numero possibile di cittadini, essere effettivamente comparative e congrue nella verifica delle caratteristiche tecnico-professionali dei candidati [9]. Tuttavia, allorché la disciplina del reclutamento del personale docente impedisse di realizzare «la più ampia partecipazione possibile al concorso», verrebbe ad essere inficiato proprio quel criterio che ispira il modello selettivo, ovvero il merito. La Corte è ben consapevole del fatto che la regola del pubblico concorso ammette eccezioni, eccezioni però rigorose e limitate che devono rispondere ad una «specifica necessità funzionale» della p.a. o «a peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico» [10], ma non ne ravvisa la sussistenza nelle procedure ex art. 17 d.lgs. n. 59/2017. L’assenza dell’abilitazione all’insegnamento dipenderebbe da circostanze non legate al merito, quanto dall’essersi o meno trovati per ragioni anagrafiche e di residenza nella condizione di poter partecipare ai percorsi abilitanti ordinari o alle procedure di abilitazione. Sul punto la Consulta, riprendendo considerazioni espresse soltanto un mese [continua ..]
La Consulta non va a sminuire il valore del percorso del dottorato di ricerca e del conseguente titolo. Se ne evidenzia, invero, la finalità a fornire una preparazione avanzata nell’ambito del settore scientifico disciplinare di riferimento. Il percorso che va a costituire il terzo ciclo dell’istruzione superiore ha l’obiettivo di formare esperti «con competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione» [15]. Tuttavia, il raggiungimento di tali elevati risultati è valutabile nell’ambito della ricerca scientifica. I percorsi oggetto di attenzione sono volti all’acquisizione di competenze necessarie per esercitare attività di ricerca di alta qualificazione, ma non possono, secondo gli Ermellini, essere equiparati a quelli abilitanti per l’insegnamento nelle scuole dell’infanzia, primaria e secondaria. Diversamente dai primi, questi ultimi sono diretti a fornire competenze non solo disciplinari, per le quali ovviamente il percorso di studi dottorale è in grado di assicurare e certificare l’eccellenza, ma anche competenze psico-pedagogiche, metodologiche didattiche, organizzative e relazionali ritenute, allo stato dell’arte, «necessarie sia a far raggiungere agli allievi i risultati di apprendimento previsti dall’ordinamento, sia a sviluppare e sostenere l’autonomia delle istituzioni scolastiche». Ai fini di una possibile equipollenza dei due iter si è richiamata l’esperienza didattica che in entrambi i casi è (o può essere) stata acquisita dagli aspiranti insegnanti. Nell’iter di cui al d.lgs. n. 59/2017 [16] l’attività didattica è parte integrante del cammino abilitativo sì da destinarsi allo stesso un intero anno atto a sviluppare e rafforzare competenze culturali, disciplinari, didattiche e metodologiche, competenze, definite come tipiche della professione docente, come quelle pedagogiche, relazionali, valutative e organizzative, nonché capacità di progettazione didattica flessibile e adeguata al contesto scolastico [17]. Analoghe considerazioni non possono però estendersi ai corsi di dottorato. Se da un lato è possibile affidare, nell’ambito dei percorsi di più alta formazione, attività didattiche [continua ..]